Catania, Bellini ed un festival senza nome

Il Teatro Bellini

C’è uno spettro che si aggira per le vie e le piazze di Catania ed è quello di Vincenzo Bellini, il compositore simbolo dell’arte cittadina, amato e venerato da tutti i catanesi, anche da quelli che non hanno mai messo piede nel teatro a lui intitolato, o che non hanno mai ascoltato una nota dei suoi melodrammi, neanche in disco o alla radio.

Ma cosa cerca, all’alba del secondo decennio del XXI secolo, il fantasma nquieto dell’autore di Norma nella città che pure lo ha sempre colmato di allori e di tanto spontaneo affetto? La risposta, sorprendente ma veritiera, è che ancora una volta Bellini è in cerca di una sua celebrazione unitaria, che niunisca in modo stabile gli sforzi organizzativi delle varie componenti intellettuali e politiche della città.

Senza volerci spingere troppo lontano nel tempo, ma limitandoci al periodo trascorso fino ad oggi dalla riapertura del Teatro Massimo Bellini, avvenuta nel 1986 in regime di commissariamento da parte della Regione Siciliana, dopo un lungo periodo di chiusura, causato da un’irreversibile crisi della gestione comunale del teatro stesso, diremo che i tentativi di dar vita ad iniziative durevoli in onore di Vincenzo Bellini si sono susseguiti con maggiore o minor successo, infrangendosi puntualmente dinanzi al principale ostacolo, che è in realtà insormontabile, costituito com’è dall’esiguo numero di opere composte nella sua breve vita dal musicista catanese: dieci titoli in tutto, dei quali solo tre (Sonnambula, Norma e Puritani) hanno trovato posto, più o meno stabilmente, nel repertorio dei teatri. Troppo poco per poter predisporre e sostenere, e sia pur aggiungendo iniziative di supporto, dei progetti a lungo termine.

Si aggiunga a ciò anche un dato non trascurabile qual è la ben nota difficoltà nel reperire nella nostra epoca cantanti (uomini e donne) in grado di affrontare con successo le difficoltà di registro e di stile poste dalla vocalità belliniana.

E tuttavia, al fine di raggiungere il complicato obbiettivo, gli enti locali (Regione Siciliana, Provincia di Catania e Comune di Catania, le due ultime ora riunite nel nuovo assetto amministrativo di Area Metropolitana) si sono prodigati con entusiasmo, anche se non sempre in spirito di concordia. Tra il 1999 e il 2000 è addirittura accaduto che, in preparazione alle celebrazioni del bicentenario della nascita del 2001, si siano formati in città due comitati celebrativi in aperta concorrenza tra loro. Al Comitato gestito dal Comune di Catania per la parte politico-amministrativa e dall Teatro Massimo Bellini per la parte artistico-culturale, poi confluito nel Comitato Nazionale per le Celebrazioni Belliniane istituito dallo Stato, si contrappose, infatti, in un clima di aperta polemica politica, un altro Comitato, istituito dalla Provincia di Catania.

A prescindere dalle contorte vicende appena descirtte, e di molte altre che qui non riportiamo, va osservato che le più importanti iniziative celebrative in omaggio a Bellini hanno quasi sempre trovano spazio nel mese di settembre, attorno alla ricorrenza della data di morte di Bellini (23 settembre 1835). Da sempre, infatti, i catanesi si sono sentiti molto più legati a questa data che non a quella della nascita (3 novembre 1801); e ciò per una ragione che potremmo definire di sedimentazione emotiva, psicologica, determinata dalla notizia dell’improvvisa e prematura scomparsa di Bellini a soli trentaquattro anni in terra straniera, la Francia; ed inoltre dall’enorme, commossa suggestione, poi consolidatasi in mito lungo l’Ottocento ed il secolo successivo, suscitata da quel lutto in tutta l’Europa musicale.

Nel 2020, dopo la lunga stasi dovuta all’emergenza Covid, con la conseguente, drammatica crisi di tutte le attività artistiche nazionali, la Regione Siciliana, ha deciso di fare le cose in grande in omaggio a Bellini. L’Assessorato del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo, guidato da Manlio Messina, ha così programmato la prima edizione del BellininFest, un imponente ciclo di manifestazioni da svolgere, dalla metà di luglio alla prima settimana di ottobre del 2021, tra Catania e Taormina, con una puntata su Messina.

La direzione artistica del progetto è stata affidata a Fabrizio Maria Carminati, direttore artistico del Teatro Massimo Bellini di Catania. Coinvolti nell’iniziativa, di cui è stata nominata Proiect Manager Gianna Fratta, direttore artistico della Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana, oltre al Bellini di Catania, anche il Teatro Vittorio Emanuele di Messina e il Teatro Massimo di Palermo, la FOSS di Palermo, la Fondazione Taormina Arte Sicilia, nonché gli Atenei e i Conservatori delle tre principali città siciliane. Proprio nel bel mezzo del suo primo viaggio inaugurale, il poderoso Titanic artistico e culturale messo a punto dalla Regione è andato però ad incagliarsi –  e si può ben dire, di propria volontà –  nell’iceberg costituito da una manifestazione dal nome in sostanza identico, il Bellini Festival, fondato nel 2009 da Enrico Castiglione, intraprendente regista, scenografo e operatore culturale (già direttore della sezione Musica e Danza di Taormina Arte e attivo a vario titolo anche a Roma e in altre sedi); un festival, quello diretto da Castiglione, che svolge la sua attività nello stesso periodo dell’anno e nella stessa area geografica (cioè tra Catania e Taormina) individuata dall’Assessorato Regionale, e con iniziative artistiche anch’esse incentrate sulla figura di Vincenzo Bellini.

Quando affermiamo in metafora che la collisione è avvenuta per volontà dell’Assessorato Regionale, intendiamo dire che l’Assessore Messina e il suo staff organizzativo hanno peccato di ingenuità e nello stesso tempo, sia lecito affermarlo, di supponenza. Di ingenuità in quanto non sarebbe stato difficile prevedere che l’omonimia del titolo attibuito alla nuova manifestazione belliniana avrebbe provocato una reazione da parte del Castiglione, con un’azione legale per plagio che si è conclusa di recente in giudizio con una sentenza in suo favore. Di supponenza perchè, a seguito di due incontri, risoltisi con esito negativo, era stato proprio l’Assessore Messina, tanto convinto del fatto suo, a sfidare Castiglione ad una contesa giudiziaria. Senza voler sapere, insomma, che in casi del genere il giudice dà sempre ragione a chi ha legalmente assunto per primo la denominazione di una manifestazione, di una sigla o di un marchio che sia; e ovviamente, in questo caso il giudice ha dato ragione ad Enrico Castiglione. Non è bastato dunque all’Assessorato Regionale ricorrere all’escamotage, invero un po’ banale, della n interposta tra Bellini e Fest, per evitare l’accusa di plagio e la conseguente ordinannza che proibisce l’uso di questo logo. Ma, a parte l’ingente danno economico procurato dalla condanna alla distruzione di tutto il materiale (manifesti, locandine, programmi di sala) già stampato o in preparazione, nonchè dall’annullamento di tutti gli interventi pubblicitari già realizzati o da realizzare utilizzando il logo BellininFest, l’Assessorato Regionale dovrà adesso armarsi di tutto punto in vista di una battaglia legale contro l’ordinanza favorevole a Castiglione. Non solo, ma dovrà anche fronteggiare lo stesso Castiglione, che ha rifiutato ogni collaborazione con la Regione per timore di essere, per così dire, fagocitato dal progetto di un Assessorato, a suo modo di vedere divenuto, oltre che finanziatore dei progetti proposti dall’esterno, esso stesso organizzatore di eventi.

Castiglione è ora deciso a non arretrate neanche di un millimetro rispetto alle proprie prerogative sul logo e sui contenuti del suo festival belliniano e si preannuncia dunque uno scontro molto duro, la cui soluzione è aperta a molte incognite. Intanto l’Assessore Messina, facendosi forte del fatto che l’ordinanza del giudice palermitano non ha riguardato i contenuti artistico-culturali, ma solo l’uso del logo identificativo del suo festival, ha potuto dar corso a tutti gli eventi programmati.

Rimane il fatto sconcertante e in fondo destabilizzante e non positivo per l’immagine artistico-culturale della città di Catania, che il 24 settembre scorso, mentre al Teatro Massimo Bellini si svolgeva l’evento clou di un festival già da qualche giorno però privato del suo nome, con una memorabile edizione di Norma  ripresa in diretta su RAI 5, che ha visto il soprano lettone Marina Rebeka splendida ed acclamata protagonista nel ruolo principale, nello stesso momento, a Palazzo Biscari, ossia a poche centinaia di metri dal Teatro Massimo, si inaugurava il Bellini Festival di  Castiglione, con un recital del soprano olandese-americano Lisa Houben. E tuttavia, mettendo per un momento da parte la polemica tra Manlio Messina ed Enrico Castiglione, il problema vero che emerge da questa pasticciata e – lo ripetiamo – evitabile vicenda, è di altra e ben più rilevante importanza, ed intendiamo porlo a conclusione delle nostre osservazioni. Si tratta di questo: é possibile consentire ad un privato cittadino (nella fattispecie, al maestro Castiglione) di acquisire, per il tramite di un’associazione privata, la titolarità esclusiva di alcuni diritti su una figura di rilievo assoluto qual è quella di Vincenzo Bellini, che è da considerare un bene codiviso dalla comunità artistica e culturale internazionale e la cui produzione operistica costituisce, come suol dirsi, “Patrimonio dell’Umanità”? Ed è possibile che ciò accada in una città in cui esiste ed opera da oltre un secolo un’istituzione lirica gestita con fondi pubblici – Il Teatro Massimo Bellini – che dovrebbe essere naturalmente deputata – se possibile, anche senza l’ausilio  permanente di protettivi ‘cappelli’ accademici – ad occuparsi delle faccende belliniane? Intendiamo dire che, riflettendoci su bene, i conti non tornano per niente.

Manlio Messina, commentando l’ordinanza contraria all’Assessorato Regionale, ha affermato che non sarà il divieto posto all’uso di un marchio ad interrompere la progettualità della Regione in favore della divulgazione della figura di Bellini e della sua musica, che è poi anche un modo di contribuire a divulgare gli alti valori culturali espressi in ogni epoca dalla Sicilia. In realtà, il ragionamento da fare non è così semplice, ma in linea di massima si potrebbe in parte esser d’accordo con l’Assessore Messina; purchè nelle sue dichiarazioni pubbliche egli rinunci a citare in continuazione Vincenzo Bellini come «il Cigno», ampollosa similitudine che appartiene ad un passato ormai lontano e che non giova di sicuro alla rinnovata immagine, liberata da ogni orpello retorico, che oggi viene riconosciuta al grande musicista catanese.

Dario Miozzi

Data di pubblicazione: 9 Novembre 2021

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