La polifonia sorridente dei King’s Singers

I King’s Singers (cr. Rebecca Reid)

Musiche di Weelkes, Byrd, Ligeti e altri, ensemble vocale King’s Singers

Lucca, Teatro del Giglio, 24 aprile 2024

Per la serata inaugurale del festival Lucca Classica, giunto quest’anno alla sua decima edizione, è stato invitato il famoso gruppo vocale dei King’s Singers che ha concesso alla città toscana il privilegio della sua unica presenza in Italia nella stagione corrente. In un Teatro del Giglio gremito, anche con una consistente partecipazione di giovani spettatori, il sestetto canoro inglese ha avuto fin da subito un’accoglienza davvero festosa. La ricetta del successo di questo gruppo con una storia pluridecennale è così riassumibile: organico fisso di sei cantori (due controtenori, un tenore, due baritoni, un basso), canto esclusivamente a cappella spesso ricco di effetti speciali, un repertorio straordinariamente vario con una sorprendente gamma stilistica e – cosa che non guasta mai – un’eccellente capacità comunicativa. Con queste premesse, il gruppo può permettersi di inserire in programma anche rarità medievali e rinascimentali, ma senza connotarsi come un ensemble di musica antica, dato che poi riserverà ampio spazio anche a rielaborazioni di brani jazz e popular, dal Novecento ai giorni nostri. La loro è dunque una polifonia sorridente, tesa a dimostrare le possibilità virtualmente inesauribili dell’arte di intrecciare voci umane.

Il concerto di Lucca, com’è stato dettagliatamente illustrato dai singoli cantanti in lingua italiana (scelta simpatica quanto vincente), prendeva spunto dal concetto di Legacies, ovvero eredità musicali. Si partiva dal madrigalista inglese Thomas Weelkes di cui l’anno scorso si è celebrato il quarto centenario della morte: di grande effetto il suo pezzo scritto in omaggio alla formidabile regina Elisabetta, “As Vesta was from Latmos Hill descending”, in una scrittura che porta alle estreme conseguenze lo stile brillante inaugurato dal nostro Luca Marenzio. Sul versante sacro, si è invece ascoltato un mottetto di William Byrd, anch’egli scomparso nel 1623, mentre in omaggio alla città di Lucca sono state espressamente riesumate due rarità quattrocentesche, in stile alla Dufay, che all’epoca riecheggiavano nella cattedrale di San Martino. Con un salto di cinque secoli si è passati a tre geniali “Nonsense Madrigals” di Ligeti, scritti negli anni ’80 espressamente per i King’s Singers, ulteriore testimonianza dell’incredibile fantasia del compositore ungherese nella scrittura vocale. Ben riuscito anche il recente “Alive” dell’attrice e compositrice britannico-nigeriana Francesca Amewudah-Rivers, mentre un po’ meno convincente è parso “I was there” del giapponese Hisaishi. Il composito medaglione moderno-contemporaneo della prima parte si è completato con tre pagine pregevoli dello svedese Hugo Alfvén.

Dopo l’intervallo, il sestetto vocale si è ripresentato senza leggii, per affrontare in piena scioltezza e con autentica verve teatrale alcuni “grandi classici amati dal pubblico”, come scritto nella presentazione. Ecco dunque rielaborazioni di “Ev’rybody wants to be a cat” dagli Aristogatti disneyani, “Blackbird” dei Beatles, “Some day my prince will come”, o ancora “Seaside Rendesvous” dei Queen, “Oh, I can’t sit down” da Porgy and Bess. Irrefrenabile entusiasmo del pubblico e due bis, tra cui, per concludere, un suggestivo adattamento di “The Rose”. Ottimo inizio, dunque, per la rassegna Lucca Classica, le cui ambizioni sono quest’anno confermate dalla collaborazione sia con Rai Radio3, sia con l’Associazione Nazionale dei Critici Musicali, cui si deve la riuscita organizzazione di un convegno su Puccini con la partecipazione, fra gli altri, di una spiritosissima Raina Kabaivanska.

Marco Bizzarini

Data di pubblicazione: 28 Aprile 2024

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