Un Don Giovanni vitale e brioso apre la stagione IUC

Enrico Saverio pagano e Vittorio Prato

MOZART Don Giovanni V. Prato, G. Nanni, S. Cortese, M. Ciaponi, M. Guarrera, G. Bolcato. M. Mollica, S. Vitale; Orchestra da Camera Canova, Gruppo Polifonico Josquin Desprez, direttore Enrico Saverio Pagano

Roma, Istituzione Universitaria dei Concerti, 15 ottobre 2022

In perfetta continuità con la precedente, la stagione 2022-23 della IUC (Istituzione Universitaria dei Concerti dell’Università “La Sapienza” di Roma), ha un cartellone ambizioso che spazia dalla polifonia rinascimentale alla musica d’oggi. Va in questa direzione l’inaugurazione di stagione con il Don Giovannidi Wolfgang Amadeus Mozart in forma di concerto per ben tre serate: 15, 17 e 18 ottobre. Una produzione originale che riporta alla IUC l’Orchestra da Camera Canova e il suo fondatore/direttore Enrico Saverio Pagano, artisti che dalla stagione scorsa sono in residenza presso l’Istituzione, a conferma dell’attenzione e della valorizzazione del talento dei giovani da sempre perseguita dall’IUC. Un intento ulteriormente ribadito quest’anno dall’entrata di Enrico Saverio Pagano nel Consiglio artistico della IUC, sostenuta dal presidente Rinaldo Gentile. “Non capita spesso che unopera come Don Giovanni sia affidata a un direttore dorchestra Under 30 — racconta Enrico Saverio Pagano — eppure, come accade con tutti i capolavori, anche il Don Giovanni assume un carattere e un significato particolari a seconda delletà in cui lo si affronta. È per me un privilegio avere lopportunità di cimentarmi ventisettenne con questopera, ancora di più in relazione al fatto che sarà eseguita in forma di concerto, dove la musica sarà in primo piano. Il lavoro con la IUC mi ha inoltre permesso di costruire il cast vocale, nel quale giovani emergenti sono accostati a nomi di primo piano nel panorama internazionale. Questa possibilità di costruzione del cast permetterà di non dover adattare le scelte musicali alle voci che si hanno a disposizione, ma di procedere alla maniera inversa: ovvero aver scelto le voci in relazione allo stile e agli equilibri che ritengo appropriati per la lettura dellopera. Romano, classe 1995, vincitore l’anno scorso dei uno dei premi TOYP (The Outstanding Young Persons) assegnati dalla Junior Chamber International – Italy, Enrico Saverio Pagano torna alla guida della sua orchestra per dirigere il capolavoro mozartiano nella versione di Praga (città dove ebbe luogo la prima assoluta il 29 ottobre 1787) avvalendosi di un cast formato da alcune tra le più brillanti voci emergenti.

Don Giovanni è probabilmente l’opera su cui si è scritto di più in assoluto e, proprio per questa ragione, è stata molto travisata nel corso dei decenni, attribuendole anche significati molto lontani da quella che verosimilmente era l’idea iniziale degli autori. Non dobbiamo dimenticare che Mozart e Da Ponte erano innanzitutto due grandissimi uomini di teatro, che conoscevano il gusto del pubblico e che sapevano come stupirlo e accontentarlo. La lettura dell’Orchestra Canova e dei cantanti è incentrata sui contrasti e le sorprese del teatro mozartiano, sullo slancio vitale e la freschezza che la sua musica sempre contiene, e sull’energia che è nel DNA di un gruppo di giovani interpreti. È una lettura piena di brio. A Roma si ricordano ottime edizioni del lavoro (ad esempio quella con la regia di Gigi Proietti e la direzione d’orchestra di Gianluigi Gelmetti del 2002 e quella del 2019 letteralmente distrutta dalla lettura scenica di Graham Vick).

Don Giovanni  è il secondo dei tre “drammi giocosi” che il compositore austriaco scrisse su libretto di Lorenzo Da Ponte (che era al servizio del Sacro Romano Imperatore), il quale attinse a numerose fonti letterarie dell’epoca. Essa segue Le nozze di Figaro (K 492) e precede Così fan tutte (K 588). Venne composta tra il marzo e l’ottobre del 1787, quando Mozart aveva 31 anni. Commissionata dall’imperatore Giuseppe II, anche a seguito del successo di Don Giovanni o sia Il convitato di pietra di Giuseppe Gazzaniga, non andò tuttavia in scena per la prima volta a Vienna, bensì a quello che oggi si chiama Teatro degli Stati di Boemia di Praga. Don Giovanni è considerato uno dei capolavori massimi di Mozart, della musica e della cultura occidentale in generale. Il Teatro degli Stati di Boemia è piccolo ed elegante; probabilmente, la “buca” non conteneva, all’epoca, un numero di musicisti molto superiore a quelli dell’Orchestra da Camera Canova. Occorre tenerlo presente quando si valutano edizioni presentate in grandi teatri che sfoggiano enormi organici orchestrali per un lavoro che, per preservare la propria freschezza, richiede tutt’altro.

Il Don Giovanni è un “dramma giocoso” diviso in due atti. In realtà, questa dicitura che compare nel sottotitolo originale dell’opera dice abbastanza poco sul carattere di essa: “dramma giocoso” era infatti anche il nome con cui all’epoca venivano definite farse del tutto assurde. Dal punto di vista formale essa è un’opera buffa (così come la chiama Mozart nel suo catalogo), con la presenza di elementi tratti dall’opera seria, come i pezzi scritti per Donna Anna, Don Ottavio e Donna Elvira. Insomma, stilisticamente Don Giovanni è in bilico fra opera seria e opera buffa, e allo stesso modo, il tono generale oscilla fra tragedia e commedia, ben giustificando quindi il sottotitolo “dramma giocoso” con cui Da Ponte sigla l’intera opera. Infatti, arie e recitativi dei due atti sono preceduti in apertura da una sinfonia dalla matrice tutt’altro che allegra, che inizialmente non troverebbe motivo per essere stata scritta con tali toni drammatici, visto ciò che ci si aspetta da una “commedia”, ma che trova con pienezza la sua spiegazione alla fine dell’opera, in cui ricompare e si riesce a cogliere nel susseguirsi dei suoni, l’idea di una ciclicità quasi epica nella narrazione, che sembra, coi suoi cerchi concentrici, avvolgere a poco a poco il corpo di Don Giovanni fino a stringerlo per trascinarlo nell’oltretomba.

Il filosofo danese Søren Kierkegaard scrisse un lungo saggio in cui afferma, citando Charles Gounod, che il Don Giovanni è «un lavoro senza macchia, di ininterrotta perfezione». Il finale, in cui Don Giovanni rifiuta di pentirsi, è stato argomento delle dissertazioni filosofiche e artistiche di molti scrittori, tra cui George Bernard Shaw, che nel Man and Superman parodiò l’opera con un esplicito riferimento a Mozart nel cliente della scena finale tra il Commendatore e Don Giovanni. L’opera andò in scena per la prima volta a Praga il 29 ottobre 1787 con grande successo. Dopo il grande successo di Praga, nel mese di maggio dell’anno successivo l’opera fu rappresentata a Vienna nel Burgtheater. Poiché il pubblico viennese, piuttosto conservatore, avrebbe probabilmente accettato malvolentieri l’opera nella sua versione originaria, Mozart eseguì qualche taglio e fece rilevanti modifiche. Il principale taglio riguardò il finale del secondo atto, dove venne eliminata la scena 20, in cui si ritrovano tutti i personaggi a commentare la fine di Don Giovanni, con il concertato finale in re maggiore che contiene la morale conclusiva:

«Questo è il fin di chi fa mal:
E de’ perfidi la morte
Alla vita è sempre ugual.»

In sostanza, nella versione viennese l’opera si conclude con la scena 19, e cioè la contesa di Don Giovanni col Commendatore e la sua discesa all’inferno in mezzo al coro (soli bassi) delle anime dannate. Questa scelta artistica di Mozart fu probabilmente dettata dal voler concludere l’opera nella stessa tonalità (re minore) in cui incomincia l’ouverture, dandole così un aspetto ciclico. La disputa tra i sostenitori della partitura praghese e quelli della partitura viennese nacque quasi subito e perdura ancora oggi. Anche in tempi moderni si ritrovano entrambe le scelte. Dal punto di vista filologico, la disputa è stata però definitivamente risolta dagli autori della Neue Mozart-Ausgabe (un’autorevole istituzione che lavora dagli anni cinquanta del secolo scorso alla revisione critica dell’opera mozartiana), a favore della versione praghese: dal punto di vista storico, infatti, nel Settecento una tragicommedia era sempre conclusa da una scena d’assieme che conteneva la morale della storia.

Enrico Saverio Pagano

Veniamo all’esecuzione. Non si è trattato di una lettura in forma di concerto in senso stretto ma quasi di una mise en éspace in cui i cantanti accennano a recitazione. L’Orchestra da Camera Canova, diretta con piglio lieve da Enrico Saverio Pagano, tratta l’opera con ironico brio. È una lettura spigliata e leggera che veste a pennello il Mozart di Praga. Pure scene che spesso sono presentate in modo altamente drammatico, quali quelle di confronto-scontro con il Commendatore, acquistano uno smalto leggero.

Ad impersonare Don Giovanni è un cantante già noto a livello internazionale Vittorio Prato, uno dei più acclamati baritoni dell’attuale panorama lirico, reduce dal successo di Les Huguenots di Meyerbeer al Théâtre La Monnaie di Bruxelles. Il suo è un Don spavaldo e cinico che resta schiacciato dalla propria protervia. Gli altri sono quasi tutti molto giovani, debuttanti o quasi, ma pieni di freschezza. Leporello è Giacomo Nanni, che ha già interpretato il servo del Don non nella versione mozartiana ma nell’Empio punito di Alessandro Melani messo di recente in scena con successo a Rieti e a Roma.

Nel gruppo maschile spiccano il Don Ottavio di Marco Ciaponi, con una bella intonazione belcantistica ed il Commendatore di Salvo Vitale, un basso profondo dalla vasta estensione vocale. Di buon livello il Masetto di Matteo Mollica, che viene dalla scuola As.Li.Co. Nel gruppo femminile, Sabrina Cortese è una Donna Anna altamente drammatica, Michela Guarrera una Donna Elvira leggermente isterica e Giulia Bolcato una Zerlina al tempo stesso semplice contadinotta e sexy.

Spettacolo da ricordare. Mi auguro che la IUC ne produca un DVD.

Giuseppe Pennisi

Foto: Max Pucciariello

Data di pubblicazione: 21 Ottobre 2022

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