“Tutto deve scorrere”: Francesco Libetta ricorda Nikos Velissiotis

Da qualche tempo Nikos si era convinto a scriverlo, quel libro dei suoi ricordi che i suoi amici gli avevano chiesto con insistenza. Gli piaceva sempre di più raccontare, e percepiva che le sue storie piacevano. Nei mesi di pandemia avevamo pensato che raccogliere quelle storie sarebbe stato un ottimo modo per utilizzare quel tempo indefinitamente sospeso, e avrebbe dato una direzione alle nostre telefonate quotidiane.

Negli appunti del libro sono entrati tanti personaggi di ambienti diversi: Rudolf Nureyev e Maria Callas, Dino Ciani e David Oistrakh, Walter Legge e Herbert von Karajan, Indro Montanelli e Alberto Arbasino… Incontri che profilano la screziata attività di Nikos, orgogliosamente greco nel suo percepire, riconoscere e sviluppare le bellezze artistiche, i talenti nelle varie forme.

Negli appunti sono descritte le case discografiche che ha fondato: la Hunt, la Arkadia, la Agorà, la Akademia… Quelle con cui ha collaborato: dalla Fonit Cetra alla NAR, senza dimenticare la fortunata serie di cd apparsi in edicola con l’Armando Curcio Editore, con registrazioni dal vivo di Maria Callas. Si tocca anche l’arte figurativa, soprattutto con Giorgio De Chirico, con cui condivideva la città natale, Volos. Con l’architetto Stelios Stylianidis, Nikos aveva condotto una ricerca sul rapporto delle architetture di Volos e le piazze dipinte da De Chirico, riconoscendo edifici specifici.

Nikolaos Velissiotis proveniva da studi di archeologia. Convinto che nei licei italiani il greco antico si studiasse per parlarlo, mi citava spesso a memoria passi di Omero (correggendomi la pronuncia…), raccontava volentieri dettagli di storie e personaggi di quelle mitologie. In occasione di un mio concerto a Volos mi mostrò i luoghi della sua infanzia, in Tessaglia, e il grande protagonista fu ovviamente il monte Pelio, da dove partirono gli Argonauti.

Il suo ingresso nel mondo professionale della musica registrata non fu sotto l’ombra delle “regole del mercato”. In un momento in cui aveva seguito Manos Hadjidakis che dirigeva a Bruxelles la Traviata (con la regia di Maurice Béjart), il Sovrintendente del teatro invitò anche Nikos a una riunione cui era presente la regina Fabiola del Belgio. A lei Nikos propose direttamente (poi il Sovrintendente lo redarguì: «Ricorda: non si dice “Madame” ad una regina! Si dice “Sua Maestà”») l’istituzione di una biblioteca discografica pubblica che consentisse non solo l’ascolto nelle cabine, ma il prestito dei supporti. Ebbe dalla regina un incarico ufficiale per coordinare la formazione della raccolta. Da Bruxelles si spostò a Parigi, dove per Radio France lavorò a un fortunato programma basato su registrazioni storiche, in un momento in cui la cultura della documentazione delle interpretazioni era ancora pionieristica. Con René Koering collaborò alle produzioni del Festival di Montpellier. E fu infine invitato in Italia da Carlo Fontana, alla Fonit Cetra, decidendo poi di stabilirsi a Milano, per mettersi in proprio con una attività di produttore discografico indipendente. Con le sue etichette ha scritto pagine fondamentali delle produzioni indipendenti italiane dell’era del compact disc. Numerose le produzioni originali, con artisti rinomati e con artisti che emergevano in quegli anni. Dal giovane Alessandro Carbonare a Enrico Dindo; da Enrica Ciccarelli a Francesco Caramiello (cui commissionò molto Martucci e il corpus pianistico di Sgambati), da Jeffrey Swann a Nikita Magaloff . Pubblicò la registrazione dell’Alice di Testoni, di opere di Respighi e di Vittorio Gnecchi. Innumerevoli i riversamenti, spesso avvalendosi della collaborazione dell’indimenticato Renato Caccamo, il giudice e collezionista di registrazioni il cui archivio dal vivo è ora il nucleo dell’archivio audio del Museo della Scala. Il Ring di Furtwangler del 1950 alla Scala, i live di Leyla Gencer, di Maria Callas… A me, telefonandomi direttamente e di punto in bianco, chiese di registrare tutte le trascrizioni di Liszt da Wagner e le Sonate di Platti, le Canzoni di Bixio con Ernesto Palacio (con cui pensammo di registrare anche le Arie di Vaccaj), le Variazioni Diabelli di Beethoven. Mi ospitava nel suo appartamento, che era accanto all’ufficio: e lì si incontrano il sommo Massimo de Bernart e Milva (con la quale Nikos voleva registrassi… la Winterreise di Schubert), Alexis Weissenberg, gli eredi di Vittorio Gnecchi, il giovane Giampaolo Pretto (con cui leggemmo centinaia di pagine di parafrasi operistiche di primo Ottocento, pensando a un disco che non realizzammo mai). Quando era in Italia la madre di Nikos, si pranzava con sontuosi pomodori ripieni e indimenticabili perle di saggezza (lei non parlava italiano, ma in qualche modo ci si intendeva benissimo).

Nikos aveva già in mente come doveva iniziare il libro di memorie, e trascrivo letteralmente, dagli appunti:

«Devo dirti che, se passasse ora l’Angelo della Morte, e mi dicesse: “Morirai domattina”, non piangerei. Trascorrerei l’intera notte a ricordare tutte le persone che hanno riempito la mia vita».

La sua vita, e quindi i suoi racconti, erano infatti pieni dei dialoghi di Giuseppe Di Stefano con Carmelo Bene, delle cene da Caccamo con Claudio Abbado dopo le “prime” in teatro, di scherzi a Nikita Magaloff (uno che per perfidia si distingue su tutti: Caccamo registrò svariati concerti in cui Magaloff eseguiva una Ballata di Chopin, selezionando poi tutti i passaggi meno riusciti, o addirittura imperfetti, e montandoli insieme con uno dei primi editing accurati. Fecero ascoltare il risultato al povero Magaloff, che si riconosceva come il pianista che eseguiva ma ripeteva, stupefatto: “… mais… je ne joue pas comme ça! Ma… io non suono così…!”). C’era l’amicizia personale con l’ambiente intorno a MUSICA. Raccontava spesso i momenti della fondazione della rivista, da Umberto Masini a Paolo e Roberto Zecchini. Si riconosceva in quel particolare gusto e in quel rispetto dell’arte, e quelle recensioni erano per lui le più attese.

Anche quando si era ormai ritirato dall’attività discografica, continuava a sviluppare progetti. Mi aveva recentemente convinto a registrare le Années de pèlerinage, a registrare Haydn anche su strumenti originali, a pubblicare le Sonate di Mozart (fingendo di non essere già malato, telefonò a Riccardo Risaliti per impostare il libretto, un dialogo sulle premesse interpretative). La musica, come la vita, è in continuo movimento, l’idea di fermarsi del tutto era per Nikos inconcepibile: πάντα ῥεῖ. La musica scorre, valida momento per momento; e anche se il disco sembra “eternare” la musica, anche quello andava per lui considerato un semplice documento di una ipotesi contingente, uno specifico momento della vita dell’interprete.

A volte Nikos mi prendeva in giro perché anche io raccoglievo registrazioni storiche inedite, perché mi interessavo dell’attività delle etichette discografiche (“Hai imparato da zio Nikos”). E quando qualcosa non gli garbava si divertiva a punzecchiare in un modo tipicamente mediterraneo; eventualmente poteva criticare con perentorietà (ma solo direttamente a me, e solo lui. Guai se qualcuno si azzardava a criticare al suo posto, magari con toni scorretti!). Quel particolare affetto all’antica di chi tende a tacere le lodi, preoccupato innanzitutto di spronare verso traguardi sempre nuovi. Nikos era con Caccamo al mio primo concerto milanese, dopo il quale mi invitò a realizzare le prime produzioni discografiche per lui. E solo pochi mesi fa, dopo tutti questi anni, mi disse come lui e Caccamo avevano commentato quel concerto: «Sai che cosa abbiamo detto di te, quella prima volta che ti abbiamo ascoltato?». Ha insomma aspettato decenni, per essere prima di tutto sicuro che non mi avrebbe impigrito e fermato una soddisfazione per qualche risultato iniziale. Perché tutto deve scorrere, come dicevano i saggi della sua terra.


Francesco Libetta

Data di pubblicazione: 25 Luglio 2022

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