L’opera buffa a Jesi, tra Rossini e Campogrande

ROSSINI Il barbiere di Siviglia D. Monaco, R. Abbondanza, C. Amarù, G. Baveyan, A. Espinosa, P. V. Molinari, T. Corvaja, G. Marcello; Coro Lirico Marchigiano “V.Bellini”, FORM – Orchestra Filarmonica Marchigiana, direttore Francesco Pasqualetti regia scene e luci Luigi De Angelis (progetto Fanny & Alexander) costumi Chiara Lagani

CAMPOGRANDE De bello gallico G. Medici, O. D’Urso, N. Hertsak; Coro Universitario del Collegio Ghislieri, Time Machine Ensemble, direttore Giulio Prandi regia Tommaso Franchin scene e costumi Daniel Mall e Gabriele Adamo luci Marco Scattolini

Jesi, Teatro Pergolesi, 56° Stagione Lirica di Tradizione, 3 e 23 novembre 2023

Dopo l’ironia dolceamara dell’inaugurale Così fan tutte, la Stagione Lirica di Jesi è proseguita con un novembre all’insegna dell’opera comica, prima con il classico barbiere rossiniano e poi con una prima assoluta, De bello gallico di Nicola Campogrande (che, però, stando al solo titolo non era facile identificare come opera buffa), entrambe salutate da un notevole successo e afflusso di pubblico. Nel capolavoro rossiniano si è in particolare distinta la buona resa della compagnia vocale, che ha avuto il merito di eseguire l’opera senza la maggior parte dei tagli di tradizione e con quasi tutti i recitativi riaperti: è persino banale parlare di “inutil precauzione” riferendosi all’annuncio di un’indisposizione quando si allestisce il capolavoro rossiniano, ma è stato comunque questo il caso di Chiara Amarù, una Rosina frizzante che non ha certo fatto percepire alcun segno della non perfetta forma fisica fatta annunciare in apertura di serata. Bene anche il Figaro di Gurgen Baveyan, che non ha solo un’ottima dizione, ma anche un fior di voce e una notevole sicurezza nella coloratura, benché lo si sarebbe voluto un filo più spigliato nella travolgente entrata. Non male nemmeno Dave Monaco, un Conte aristocratico e in grado di uscire con tutti gli onori dalla riapertura del rondò al II Atto, così come molto valido si è rivelato il Basilio di Arturo Espinosa, dalla voce notevole e a cui è solo mancato un pizzico di pepe nel fraseggio. Anello debole della compagnia, purtroppo, il Bartolo di Roberto Abbondanza, non per ragioni interpretative ché, anzi, il suo è stato forse il personaggio meglio caratterizzato della serata, ma proprio per una resa vocale perfettibile, in cui non sono mancati alcuni scantonamenti nel parlato. Bene, come si suol dire, gli altri, a partire dalla pepata Berta di Paola Valentina Molinari. La direzione di Francesco Pasqualetti ha avuto, come già detto, il merito di un’esecuzione con tagli di tradizioni ridotti al minimo, con tempi sempre ben scelti e una buona attenzione al canto, nonostante una certa pesantezza di sonorità e la prova di una FORM colta non al massimo della forma. Quanto allo spettacolo di Luigi De Angelis è parsa divertente, almeno all’inizio, la scelta di presentare lo spaccato di un condominio (dalle ampie finestre aperte sulla strada) nei cui ambienti si svolgevano le varie scene, coinvolgendo gli attori che rappresentavano i passanti all’interno della narrazione della vicenda ma, oltre alla discutibile decisione di non far recitare il coro, lasciato invece sullo sfondo solo a cantare, proprio la ricchezza delle controscene è spesso parsa sproporzionata e quasi inutile, al punto da risultare come una dose eccessiva di spezie che, alla fine, leva però ogni sapore al piatto. Pubblico, comunque, numeroso e divertito, prodigo di applausi al termine per tutti.

De bello gallico, primo atto

Applausi che non sono mancati nemmeno all’anteprima giovani della nuova opera di Nicola Campogrande, De bello gallico, una brillante narrazione buffa che sembra quasi guardare allo stile e all’esempio delle opéra-bouffes di Offenbach nel mescolare mito antico e riferimenti espliciti alla modernità, confezionando uno spettacolo gradevolissimo e frizzante, in cui l’economia dei mezzi utilizzati (solo tre i cantanti in scena) non ha impedito all’esecuzione di coinvolgere e divertire il pubblico di studenti delle scuole superiori che per l’occasione ha riempito il teatro. Lo spettacolo di Tommaso Franchin ha riletto la vicenda, che non aveva alcuna pretesa di verità storica già dal libretto di Piero Bodrato, in maniera brillante, applicando la metafora della guerra come un incontro di boxe all’intera narrazione che, grazie alla vivace direzione di Giulio Prandi e alla bravura del cast, si è snodata fluida e leggera, riuscendo a coinvolgere e divertire. Molto bravo Giacomo Medici nel ruolo di un Cesare impegnato a essere influencer di sé stesso, costruendo la propria fama e la propria immagine di guerriero e condottiero, ma è stato notevole anche Oronzo D’Urso come Aulo Irzio e Vercingetorige e Nikoletta Hertsak ha sfoderato il giusto charme nei panni della Figura Allegorica, peraltro spesso chiamata a esplorare le zone più estreme del pentagramma con sovracuti di sicuro effetto spettacolare. Pubblico molto festoso, come spesso accade quando si riesce a coinvolgere le scuole, per un’opera che meriterebbe bene di girare perché molto leggera e deliziosamente divertente. Questa stagione “del sorriso” si chiuderà a dicembre con un omaggio a Puccini, La rondine, ossia una delle pochissime opere del toscano prive di una tragedia finale.

Gabriele Cesaretti

(Foto: Binci)

Data di pubblicazione: 1 Dicembre 2023

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