Metti una sera d’estate…: la Petite Bande Summer Academy di Sigiswald Kuijken tra i pini e i cipressi della Sabina

La Petite Bande Summer Academy. Concerti finali. Musiche di Bach, Buxtehude, Dowland e pagine da Orfeo ed Euridice di Gluck; soprani A. Lau, A. Piolle, M, de Berrie contralto S. Rossi basso J. Maria Rosax violino, violoncello da spalla e direttore Sigiswald Kuijken movimenti scenici Marie Kuijken

Collevecchio (Rieti), Convento di Sant’Andrea, 3-4-5 agosto 2023

Come ogni anno – e ormai il decennio è superato — SigiswaldKuijken torna a Collevecchio, l’antico borgo nel cuore della Sabina, a sessanta chilometri da Roma, ove nel complesso cinquecentesco del Convento di Sant’Andrea (già dei Cappuccini) tiene due settimane di master classes sotto il segno delle più rigorose prassi esecutive barocche e per un numero volutamente ristretto di allievi. Che quest’anno erano dodici e di ben nove nazionalità diverse, con un’età soprattutto giovanissima, ma aperta anche ad alcuni strumentisti più maturi e desiderosi d’apprendere il “verbo filologico” da uno dei più celebri specialisti del settore. Classe 1944, sempre trasognato e vivace allo stesso tempo, il violinista belga oggi suona ancora il violino, ma come “primus inter pares” di lusso, e il violoncello piccolo (o violone) da spalla, dal suono singolare e accattivante, di cui sta da tempo proponendo un sapiente revival. Ovviamente – ma è tutto fuorché una novità recente, considerata anche la vasta discografia in merito – dirige orchestre grandi e piccole, con qualità invero non inferiori a quelle del violinista che negli anni Settanta-Ottanta (soprattutto in sodalizio con Gustav Leonhardt) ha profondamente segnato il corso della Renaissance barocca.

Quest’anno abbiamo trovato particolarmente felice la scelta dei programmi per i tre concerti finali: scelta senz’altro condizionata dall’avere a disposizione quattro cantanti di ragguardevole livello, ma anche un oboe e due flauti traversi modo antiquo cui chiedere quasi l’impossibile.

Un pubblico ormai habitué della Petite Bande Summer Academy (molti anche gli stranieri sparsi nelle ville e negli agriturismi della zona) ha affollato la Chiesa di Sant’Andrea, soprattutto per l’applauditissima soirée conclusiva del 5 agosto: che comprendeva pagine di Dowland, di Johann Sebastian Bach e una selezione dall’Orfeo ed Euridice di Christoph W. Gluck, nella versione viennese del 1762. Manager, presentatrice e curatrice dei movimenti scenici era, come sempre, Marie Kuijken, figlia del maestro, da tempo stabilitasi in Italia.

Diremo subito come le due composizioni di John Dowland – Lachrimae antiquae e Lachrimae amantis – abbiano ricevuto da un consort di violini, viola da gamba e due violoncelli, un’esecuzione di una bellezza di suono e d’una dolcezza d’inflessione particolarmente avvincenti. Hanno fatto seguito pagine dalle Cantate di Bach Ich hatte viel Bekümmernis BWV 21 e Aus der Tiefen rufe BWV 131, nelle quali sono emerse per qualità vocali e stilistiche i soprani Alison Lau, Amaya Piolle e Madeline de Berrie, nonché nei numerosi a solo l’oboista Louis Bicalho e il flautista Leonard Fenton. In esse, come nell’Andante dal Secondo Concerto Brandenburghese BWV 1047, Kuijken ha dato ai testi bachiani un afflato di grande soavità spirituale, ma anche una perspicace cura dei timbri, attento sempre a correggere e insieme valorizzare anche talune acerbità dei giovani strumentisti.

L’Orfeo ed Euridice di Gluck era stato oggetto da parte di Kuijken d’una pioneristica e celebre incisione, nel 1981, per la Accent, con La Petite Bande, René Jacobs e Marianne Kwecksilber. Oggi, anche più di allora, il maestro belga rifugge da ogni marmorea immobilità neoclassica, anzi forse come nessuno esalta del capolavoro gluckiano la drammaticità incalzante, l’ansia teatralissima d’eventi nei quali l’umanità amante e il numinoso implacabile conflagrano con violenza. Già nel furibondo irrompere dell’Ouverture e poi certo nella tempestosa Scena delle Furie, Kuijken ha mostrato come da un piccolo complesso di strumenti e da un piccolissimo coro, si possano trarre sonorità e accenti tali da far tremare le antiche e barocche mura della Chiesa di S. Andrea. Bravissime le cantanti che ricoprivano i ruoli d’Euridice e d’Amore (s’alternavano le stesse Alison Lau, Amaya Piolle e Madeline de Berrie), ma vero punto di forza e scoperta di quest’anno (di cui Kuijken assai si compiace) era il contraltista italo-fiammingo Sandro Rossi nel ruolo d’Orfeo. Figlio o forse nipote di emigrati italiani, studente al Conservato rio di Anversa con Stephanie Friede e Guy de Mey, ha costui debuttato come Arbace nell’Artaserse di Johann Christian Bach alla Royal Academy of Fine Arts di Anversa, impersonando poi Ottone in L’Incoronazione di Poppea al Trentino Music Festival e ancora Teseo nell’ Arianna di Monteverdi ricostruitada Andrew Lawrence King. È stato quindi Licida nell’Olimpiade di Vivaldi al Teatro Olimpico di Vicenza e Nilski nel Giocatore di Prokofiev a Martina Franca. Tuttavia lo stesso Sandro Rossi dichiara che la sua personale svolta qualitativa è avvenuta grazie al lavoro effettuato prima con Sara Mingardo e poi soprattutto con Sonia Prina (“mi ha veramente aperto un mondo!”). Ricordata anche l’esperienza a Martina Franca nell’Accademia di Belcanto “Rodolfo Cellett”, diremo che non è difficile pronosticare a Rossi “magnifiche sorti e progressive”. Noi siamo rimasti stupiti anzitutto dalla qualità della voce: un vero contralto dal timbro sempre pieno, morbido e vellutato, con una rarissima omogeneità fra i registri, un’estensione e una continuità di suono che schiva tranquillamente i difetti di nomi ben più famosi (gli acuti fissi di Orliński, le diseguaglianze di Fagioli o le esilità di altri) a favore di un’eccezionale naturalezza e potenza di suono, nonché di speciale vocazione all’espressività intensa e al bisogno tragica. Sì che il suo Orfeo è apparso – in totale sinergia con Kuijken – non la figura angelicata di tradizione, ma un personaggio di carne e sangue, sconvolto dalla perdita di un amore che già per la sua forza è condanna, dall’incontro con spaventosi mondi ultraterreni, dall’istanza di sovrumana rinuncia che gli è imposta. Tutte le pagine da lui eseguite (arie, duetti, un “Che farò senza Euridice” venato di sensualità, il suo ben sonoro emergere anche nel finale) hanno rivelato un cantante di cui potrebbe esser lecito dire “a star is born”. A lui e a chi di lui si cura d’evitare le promesse non mantenute…

Maurizio Modugno

Data di pubblicazione: 8 Agosto 2023

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