L’apparente leggerezza della celesta

Davide Macaluso

MACALUSO Quintettsatz in memoriam Luciano Sgrizzi per celesta e quartetto d’archi, Papageno varié per celesta e quartetto d’archi LEONCAVALLO/MACALUSO Notturno per celesta e trio d’archi GUILLOU/MACALUSO Nocturne per celesta e trio d’archi CIAIKOVSKI/MACALUSO Danza della fata confetto per celesta e quartetto d’archi da Lo schiaccianoci GULDA Für Rico per celesta sola PICK-MANGIAGALLI La Pendule Harmonieuse per celesta e quartetto d’archi RAVEL Quartetto in FA celesta Davide Macaluso, Quartetto Indaco

Carabbia (Svizzera), Chiesa Parrocchiale, 21 giugno 2021

A volte le piccole rassegne estive presentano piacevoli sorprese, quando alla bellezza delle sedi dei concerti si uniscono la sensibilità degli organizzatori e l’attenzione verso repertori insoliti. È il caso di “Ceresio Estate”, una rassegna ticinese ospitata nelle chiese, nei parchi e nelle piazze dei paesi intorno a Lugano, giunta alla 45ª edizione e in programma fino al 4 settembre.

Il concerto a Carabbia, sulle colline sopra Lugano, ha avuto come protagonista la celesta, uno strumento certo non incline a velleità di solista, essendo sempre ben nascosto tra le file degli orchestrali. Inventata a fine Ottocento e legata alle atmosfere fiabesche del “balletto bianco” russo, la celesta non ha del resto un vero repertorio solistico e quindi l’estro e il mestiere del pianista Davide Macaluso, protagonista della serata insieme al Quartetto Indaco, hanno colmato il vuoto – almeno in questa occasione – con una serie di riuscite trascrizioni e soprattutto con due pagine originali per celesta e quartetto d’archi, il delizioso Papageno varié e il Quintettsatz in memoriam Luciano Sgrizzi, presentato in prima esecuzione assoluta.

Luciano Sgrizzi (1910 – 1990) fu un pianista e clavicembalista bolognese a lungo attivo a Lugano sia come clavicembalista sia come collaboratore del Coro della RSI, per il quale curò numerose trascrizioni di musica barocca. Negli archivi della Radio della Svizzera Italiana è conservata una sua registrazione della La Pendule Harmonieuse di Riccardo Pick-Mangiagalli, uno dei pochissimi brani esistenti se non forse l’unico brano con la celesta nel ruolo di solista, ed è stata questa registrazione a fornire lo spunto il concerto di “Ceresio Estate”. È un piccolo pezzo caratteristico da suonare con leggerezza e un poco di civetteria, che con leggerezza e civetteria è stato suonato da Macaluso e dai quattro dell’Indaco, i violinisti Eleonora Matsuno e Ida Di Vita, il violista Jamiang Santi e il violoncellista Cosimo Carovani.

Una leggerezza sognante era del resto il filo conduttore dell’intera serata, a partire dal divertente Papageno varié in cui Macaluso gioca su un doppio piano linguistico, presentando più volte il celebre tema dell’aria di entrata di Papageno nel Flauto magico di Mozart nella sua veste melodica e armonica originale salvo poi perturbarlo – anche dal punto di vista timbrico – con l’inserimento di continue pause, pizzicati ed armonie dissonanti che portano ad una frammentazione del linguaggio musicale con un effetto straniante molto novecentesco ma nel segno di una grande libertà espressiva, tra misteriosi interventi del violoncello e frammenti di contrappunto barocco dal sapore quasi haendeliano.

Quartetto Indaco

Con il Barocco gioca anche Friedrich Gulda nel breve Für Rico (l’originale è per pianoforte), in cui la celesta parte con tranquillità per poi lanciarsi in una sorta di Bach sincopato, tra rimandi al jazz e una scanzonata citazione di “Per Elisa” di Beethoven, in perfetto stile Gulda. Sembra poco incline agli scherzi, invece, il Quintettsatz composto da Macaluso proprio per questa occasione. All’inizio gli archi disegnano un’atmosfera timbrica molto quieta, immersa in un biancore uniforme, che prepara l’ingresso della celesta con le sue sonorità evanescenti e metalliche; la pagina si anima quindi in una sezione centrale dominata dai pizzicati degli archi fino al ritorno delle atmosfere iniziali per poi approdare ad una conclusione sospesa, in cui la musica semplicemente si ferma senza davvero concludere. È breve, il Quintettsatz, e semplice nella struttura, ma ben scritto e capace di colpire l’ascoltatore per il riuscito connubio timbrico tra i cinque strumenti.

Collocato subito dopo il Quintettsatz c’era il Quartetto in FA di Ravel, una pagina del grande repertorio che comunque si è ben inserita nel “continuum” timbrico della serata. Se in altre occasioni, in particolare nel repertorio mozartiano, il Quartetto Indaco non ci aveva convinto del tutto, in Ravel l’impeto dei quattro giovani musicisti ha trovato un terreno ideale. Qualcosa nell’amalgama sonoro era da levigare e qualche dettaglio timbrico era da mettere meglio a fuoco, però alla travolgente vitalità ritmica del secondo movimento e soprattutto al fuoco del Vif et agité conclusivo era quasi impossibile resistere.

È stato molto suggestivo anche il percorso dal Notturno di Ruggero Leoncavallo, originale per violino e pianoforte, al Nocturne per pianoforte del celebre organista e compositore Jean Guillou, scomparso a quasi novant’anni nel 2019, delle cui iperboliche e ipertrofiche pagine pianistiche Macaluso è oggi l’interprete di riferimento, entrambi arrangiati per celesta e trio d’archi; erano due notti molto diverse, serena e lirica quella di Leoncavallo inquieta e perturbata quella di Guillou, collegate da una breve ed efficace improvvisazione alla celesta.

Alla fine è arrivato un omaggio a quella Danza della fata confetto di Ciaikovski con la quale nell’immaginario collettivo la celesta praticamente si identifica. Ed è stato anche un modo per concludere nel porto rassicurante della tradizione una serata in apparenza leggera ma in realtà ricca di provocazioni e suggestioni.

Luca Segalla

Data di pubblicazione: 23 Giugno 2021

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