Come all’aeroporto, quest’anno gli spettatori di Bayreuth dovranno presentarsi all’ingresso del Festspielhaus in tempo per il check-in. “Circa 45 minuti d’anticipo”, suggerisce la direzione in una letterina diffusa dalle agenzie di stampa. Per chi dalla città sale verso la Collina Verde sono previsti percorsi obbligati, sorvegliati a vista da tre o quattro polizie pubbliche e private; vietatissimo percorrere in auto la Siegfried-Wagner-Allee, solenne via triumphalis riservata alle autorità. Se prima non saranno stati perquisiti lungo la strada, i comuni possessori di biglietto dovranno deporre all’arrivo tutti gli effetti proibiti: zainetti e borse di ogni genere (ad eccezione delle borsette da sera per signora), contenitori di liquidi, oggetti taglienti o appuntiti, e perfino cuscini.
Notizia ferale per chi ha già sperimentato sulle proprie spalle (eufemismo) la durezza dei sedili appositamente progettati da Wagner onde garantire un’esperienza del suo Gesamtkunstwerk a totale prova di pennichella. Dopo le sei ore del Parsifal inaugurale, come sempre senz’aria condizionata, ci sarà lavoro per il pronto soccorso, a meno che il personale di sala non distribuisca bottigliette d’acqua e cuscini griffati col logo del festival, eventualmente con un piccolo aggio sui prezzi di mercato. La cultura va sostenuta, le natiche pure. Molto importante: non separarsi mai dai propri documenti d’identità. Per aver trascurato questa precauzione, a fine giugno il tenore Klaus Florian Vogt è stato fermato per accertamenti all’ingresso della mensa teatrale. Motivo ulteriore di sospetto: indossava una divisa militare di foggia napoleonica: costume di scena o indizio di un disturbo mentale?
Uno ne è già stato diagnosticato da Uwe Eric Laufenberg, il regista del suddetto Parsifal che le indiscrezioni sospettano di sfumature “islamofobiche”, e si chiama Bombenstimmung, ossia (pre)sentimento bombarolo. Laufenberg dà prova di un fatalismo che ogni pio musulmano non mancherebbe di approvare: “In teatro si trasportano qua e là scene e attrezzerie. Se qui vogliono davvero piazzare una bomba, ce la faranno, e se noi vogliamo avere una società aperta non ci sarà mai la sicurezza assoluta”.
Carlo Vitali