“Armonie della Sera” parte da Torino

SOLLINI The Babies’ Corner op. 36, The Angels goes home op. 34, Pensiero op. 8, Studio inquieto op. 14, Studio op.18, Carillon op. 5, Impromptu op. 27, Divoc e Ned op. 41 pianoforte Marco Sollini, Salvatore Barbatano, Francesco Mazzonetto voce recitante Francesco Castiglione

Torino, Palazzo Madama, Salone dei Ricevimenti, 15 luglio 2021

Il 26 luglio 2005 nella Chiesa di San Marco di Ponzano di Fermo, Marco Sollini diede il via alla prima edizione di «Armonie della sera», con un recital dedicato a Chopin e Liszt. L’intento del pianista e compositore marchigiano era quella di dare vita a una rassegna in cui alla qualità dei programmi si associasse la bellezza artistica del luogo dell’esecuzione, pensando innanzitutto alla sua Regione. Se si considera l’abbondanza dei festival musicali che contraddistingue il nostro Paese, l’idea era coraggiosa. Il positivo riscontro che ebbe fin da subito e la rapidità e ricchezza degli sviluppi successivi sono la prova di quanto quel progetto sia stato vincente. Dai cinque concerti iniziali si è arrivati ai ventotto dell’attuale edizione, la diciassettesima, con una dimensione ormai nazionale, che vede dieci Regioni coinvolte, in sedi a dir poco straordinarie, in un arco di sei mesi. Sotto la guida artistica di Sollini, la formula ha saputo conservare una propria identità, con molta flessibilità: rimangono l’impronta cameristica (con svariate eccezioni), scelte di repertorio equilibratamente non convenzionali, un’attenzione particolare per gli interpreti italiani, soprattutto delle recenti generazioni. Ma i giovani talenti stranieri non mancano, né si può trascurare la presenza di artisti “storici” quali Marcella Crudeli, Philippe Entremont e Maxence Larrieux.

Un Sollini Portrait negli sfarzosi ambienti barocchi di Palazzo Madama a Torino l’ha felicemente inaugurata, con due novità assolute che per alcune ragioni sono correlate all’emergenza Covid: la forzata inattività su molti fronti, che ha dato spazio al comporre; un esplicito spunto narrativo, nel caso del melologo Divoc e Ned. Il tutto in coerenza con una splendida iniziativa dello stesso Sollini il quale ha ritenuto che il Covid potesse essere l’occasione per una creatività nata dalla “distanza” e dalla “costrizione”. Mi riferisco a «Musica nel silenzio», concorso internazionale per un breve brano pianistico, da realizzarsi tra la primavera e l’estate del 2020 e da svolgersi intorno a un tema del terzo movimento del Quartetto op. 132, che Beethoven, al termine di una malattia, volle denominare Canzona di ringraziamento offerta alla divinità da un guarito, in modo lidico.  «Armonie della sera» a Milano l’8 novembre ne presenterà l’esito, ma si può dire che lo stesso spirito abbia animato il concerto torinese. Sollini, che non ama lo streaming, ha voluto che fosse il pubblico a giudicare per la prima volta The Babies’ Corner e Divoc e Ned.  Il primo è una suite per pianoforte a quattro mani, completata nel 2021, dove il palese richiamo a Debussy, più che nello stile, è nell’ispirazione a un immaginario del tutto privato, sicuramente fitto di messaggi e segnali segreti, ma capace di parlare a tutti per l’immediatezza ironica e affettuosa di un microcosmo sonoro familiare, che prende le mosse da una delicata barcarola per poi trovare la forma ideale nella danza, rapide visioni di valzer, polka, balli popolari, persino un fox-trot nel quale è impossibile non cogliere un arguto ma reverente omaggio al debussiano Golliwogg’s cake-walk. Un divertissement, dalla scrittura per lo più brillante, spesso rigogliosa e dal carattere diretto e estroverso, sul quale all’improvviso piomba – come nel mondo dei bambini – un incubo pauroso, qui raffigurato come un grumo oscuro di suono che si addensa e si verticalizza inesorabilmente per poi schiantarsi con un cluster: Xcarbi è il titolo criptico che gli ha dato l’autore, di fronte al quale mi azzardo a ipotizzare una possibile parentela con Scarbo di Ravel, non fosse altro che per l’idea dell’impiego dei tasti neri quale mezzo supremo per l’espressione di un’ ossessività soffocante. Il brano, va detto, ha prodotto una tensione che il pubblico ha sciolto in un grande applauso, aprendo la strada allo sfrenato Bebo’s Mambo col quale il lavoro si chiude, nel segno del vitalismo, che è una delle cifre che da sempre contraddistingue l’affiatatissimo duo di esecutori Marco Sollini & Salvatore Barbatano, altra “colonna” di «Armonie della sera».

Marco Sollini e Salvatore Barbatano

Sulla strada di uno sguardo “infantile”, da intendersi come necessità di purezza e capacità di cogliere la magia e l’incanto di una ritrovata normalità, Divoc e Ned va ancora più in là. Difficile pensare a una fiaba più semplice di quella scritta da Sollini, che sembra uscita dal «Corriere dei piccoli» di oltre un secolo fa. Di quelle pagine ha tutta la poesia, nell’essenziale finezza del disegno, delle tinte e del tono del racconto, un piccolo apologo per ricordarci il valore dell’amicizia, tra i più a rischio di questi tempi. Naturalmente, anche qui non manca l’ironia, che è tutta nel titolo: Divoc è l’inverso di Covid, Ned quello delle ultime lettere di Arden, dall’Enoch Arden di Strauss su versi di Tennyson. Senza pretese di replicarne l’ampiezza di respiro e la tragicità, il melologo di Sollini, come quello di Strauss, è una riflessione sulla solitudine, sul distacco, sulla lontananza, quella che di colpo infrange la felicità della comune quotidianità di Ned, cagnolino di Divoc, costretto in ospedale dal virus. Lavorando con leggerezza e per sottrazione, Sollini sa tenersi lontano dal quadretto edificante, ci dona quel lieto fine che tutti auspicavamo, e condivide con chi ascolta sentimenti e sensazioni molto reali, ai quali ha prestato tutto il calore e la profondità della sua voce un convinto Francesco Castiglione.

Marco Sollini e Francesco Castiglione

Completavano il programma alcuni lavori scritti da Sollini tra il 2002 e il 2018, che il compositore ha voluto affidare a Francesco Mazzonetto, già suo allievo e che ha dimostrato una sicurezza che è prova della solida maturazione del suo talento. È noto che, come interprete e studioso, Sollini ha profuso molte energie nel riportare all’attenzione il pianismo di Puccini, Mascagni, Leoncavallo, dopo essersi cimentato nelle integrali di Rossini e di Offenbach. La genialità a piene mani diffusa in quelle rossiniane è cosa a parte, mentre per il resto si tratta di un universo vasto di “piccole pagine”, spesso d’occasione e perfette per il salotto fin de siècle, forse non rivelatrici ma meritevoli di una rivisitazione seria quale quella realizzata dal pianista marchigiano. Una consuetudine che, procedendo di pari passo con la frequentazione dei grandi romantici, lo ha indotto poco alla volta a realizzare brani che fanno sintesi, non ricalco, di un insieme di culture. La sua poetica privilegia la forma breve, nelle quali trovano posto, trasfigurati, immagini, stati d’animo, esperienze. Sollini parla del suo vissuto ma non scrive mai per sé, usando un linguaggio che si può senz’altro definire “classico” in senso lato, non sensibile a richiami di fusion né tanto meno di stampo minimalistico, sorretto da una vena melodica di qualità davvero rara ma sempre lontana dal sentimentalismo, arricchita da un gusto per la variazione sintetica, che risolve e dà completezza. Già soltanto attraverso questo ascolto selettivo si ha la sensazione di uno sviluppo, dagli echi di malinconia chopiniana del Pensiero op. 8 alla più personale complessità espressiva e costruttiva dello Studio inquieto op. 18 o del pur romanticissimo Impromptu op. 27.  Però l’astrazione rarefatta del più recente (2018) The Angels goes home sembrerebbe suggerire differenti e interessanti evoluzioni. Non a caso il brano non figura nel cd in uscita per conto di Da Vinci Classics, ora sponsor e partner del festival, che raccoglie i Piano Works dall’op. 1 all’op. 27 (24 in tutto, numero emblematico, pianisticamente parlando…), evidenziando in Sollini una indubbia riconoscibilità di stile, nel panorama compositivo attuale.

Francesco Mazzonetto

In sostanza, un lusinghiero nuovo avvio per «Armonie della sera», salutato da un pubblico non ancora così folto, ma conquistato.

Giorgio Rampone

Crediti fotografici: Pierpaolo Cervetti e Mario Carnielli

Data di pubblicazione: 20 Luglio 2021

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