La riscoperta di Rainaldi, l’architetto-musicista

RAINALDI Cantate A. Miceli, M. Spadafino, A. Damiani. R. Criscuolo; Romabarocca Ensemble, direttore al cembalo Lorenzo Tozzi

Roma, Chiesa dei Santi Luca e Martina, 21 giugno 2021

Con un concerto nella Chiesa dei Santi Luca e Martina nel Foro di Cesare, il 21 giugno, il musicologo Lorenzo Tozzi, collaboratore di questa testata e specialista di musica barocca, ha portato a termine una ricerca ventennale di filologia musicale su Carlo Rainaldi, architetto e compositore seicentesco (1611-1691). La ricerca ha portato sino ad ora alla pubblicazione, per i tipi dell’Istituto Italiano di Storia della Musica, dell’edizione critica delle Cantate di Rainaldi, alla pubblicazione di due CD ed alla preparazione di un terzo che sarà nei negozi musicali in ottobre. Il concerto è stato preceduto da relazioni su Rainaldi architetto e compositore di Paolo Portoghesi, Claudio Strinati ed Annalisa Bini. È stato un evento culturale importante in questo caldo inizio d’estate romana. Il programma del concerto anticipa in gran misura il CD in uscita in autunno.

Il lavoro di Rainaldi compositore è un corpo musicale sino ad ora ignoto o quasi in quanto, prima della ricerca di Tozzi, fu trattato unicamente in un articolo del lontano 1969 del musicologo tedesco Hans Joachim Marx, allora pubblicato in italiano sulla «Rivista Italiana di Musicologia».

Rainaldi è conosciuto come uno principali architetti del Barocco romano: è nel novero dei sei maggiori architetti dell’epoca. A lui, si devono, tra l’altro, capolavori come la chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli (1633–1667), la facciata di Sant’Andrea della Valle (1661–1665), il progetto di notevole valore per due chiese gemelle in piazza del Popolo (1662–1675), progetti per Sant’Agnese in Agone (fabbrica in cui fu sostituito da Francesco Borromini); la facciata absidale di Santa Maria Maggiore, la facciata del duomo di Monte Compatri. Nel 1666 si occupò del progetto e della costruzione della chiesa di San Gregorio Magno a Monte Porzio Catone; la chiesa del Suffragio in via Giulia (1669–1675), la cappella Spada alla Chiesa Nuova e l’altare maggiore in San Gerolamo della Carità. Opera sua è anche la monumentale tomba di papa Clemente IX, sempre a Santa Maria Maggiore. Opere studiate nei maggiori testi di architettura ed oggetto di vero e proprio pellegrinaggio da parte dei turisti che visitano la Capitale.

Solamente pochi esperti, anzi eruditi, erano a conoscenza della sua attività musicale. Paolo Portoghesi ha sottolineato: «Non meraviglia che un personaggio sensibile e raffinato coltivasse, come secondo amore, quello per la musica. La musica oltretutto gli offriva, praticata come abituale intrattenimento dell’alta società, un mezzo di avvicinamento personale al mondo della nobiltà e della corte pontificia che offriva all’architetto preziose occasioni di lavoro. Documentata è la sua dimestichezza con alcune delle grandi famiglie romane come gli Orsini, duchi di Bracciano, i Barberini, i Borghese, i Maidalchini e i Pamphili». Uno degli strumenti che Carlo Rainaldi suonava, oltre al cembalo, l’organo, l’arpa e la lira, era la misteriosa «rosidra» invenzione di Paolo Giordano Orsini, duca di Bracciano, ma della quale nulla sappiamo.

Si sa poco della vita di Rainaldi; di lui non c’è neanche un’immagine. Era nobile e ricco, accademico di San Luca e «confratello» dell’associazione di beneficienza che successivamente sarebbe diventata l’Accademia di Santa Cecilia. Rainaldi, certamente, operava in una Roma «globalizzata» sotto il profilo culturale. Erano gli anni in cui Cristina di Svezia, in esilio dal suo Regno nordico, aveva creato a Roma una vera e propria accademia internazionale, che culminò con la costruzione del primo teatro aperto al pubblico. Verosimilmente, Rainaldi faceva parte dell’entourage della ex- Regina; uno dei suoi lavori – di musica sacra– è addirittura non in italiano ma in svedese.

Nel concerto, Lorenzo Tozzi al cembalo, Andrea Damiani alla tiorba ed alla chitarra barocca, Renato Criscuolo alla viola da gamba ed al basso di violino, e due soprani, giovani ma già in carriera (Arianna Miceli e Marika Spadafino) hanno fatto ascoltare le ultime Cantate di Rainaldi. Sono state recuperate alla Library del British Museum, alla Biblioteca Nazionale di Svezia, in un istituto viennese – segno che nel Seicento, Rainaldi, pur considerato «dilettante» come musicista (ma professionista come architetto), ebbe una buona circolazione internazionale. Quattro delle sue cantate, presentate al concerto, sono su testi del poeta britannico Patrick Carey, opportunamente tradotti in italiano e l’unica a carattere religioso (un Exultate Deo) in lingua svedese.

I testi delle cantate trattano per lo più di delusioni amorose, di pene sentimentali, di disillusioni, della coincidenza di amore e sofferenza («nel mar del pianto nascon mie gioie» si legge in un’aria, il cui testo è del poeta Mario Cevoli). È un ossequio a una moda allora imperante. Nel linguaggio musicale spiccano l’intonazione lirica, la grazia e la vivacità, ma anche una inclinazione ad ammettere palesi dissonanze che nel contesto delle cantate prefigurano futuri sviluppi del discorso musicale.

Un bel concerto, molto applaudito.

Giuseppe Pennisi

Data di pubblicazione: 28 Giugno 2021

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