Il Telefono e la Medium: le ossessioni di Menotti con Pagano e la Canova

Manuela Custer (al centro) ne La medium

MENOTTI Il telefono; La medium M.E. Caminada, M. Custer, S. Cortese, G. Nanni, I. Molinari, S. Satta; Orchestra Canova, direttore Enrico Saverio Pagano regia Serena Nardi

Milano, Teatro Dal Verme, 5 marzo 2023

Senza dubbio è lodevole che forze varesine, a partire dall’Orchestra da camera Canova con il suo direttore Enrico Pagano, vogliano (ri)portare in repertorio le opere dell’illustre conterraneo Giancarlo Menotti, nato nel 1911 a Cadegliano Viconago, un paesino vicino alla Svizzera, ma presto emigrato negli Stati Uniti su consiglio di Toscanini: dopo i fumi persecutori che hanno infuriato per larga parte del secondo Novecento, ora si può ascoltare la produzione del compositore “dei due mondi” — per citare il festival da lui fondato — sine ira ac studio. I titoli scelti a formare un classico dittico sono anche quelli, forse con La santa di Bleecker Street, più noti di Menotti, mai usciti dal repertorio sia negli Stati Uniti che da noi, in questo secondo caso nella versione ritmica di Fedele D’Amico scelta (con qualche… adattamento linguistico) anche in questa occasione: parlo ovviamente del Telefono e della Medium, scritti nell’immediato dopoguerra. Un’orchestrazione molto agile (quintetto d’archi, sei fiati, percussioni e pianoforte a quattro mani) che punteggia nel primo caso un’esile commediola che rappresenta l’invadenza del telefono negli affari di due fidanzati, con lui che per far la proposta di matrimonio a lei è costretto, appunto, a telefonarle, per attirare la sua attenzione; e nel secondo caso la storia (anch’essa di singolare attualità) di una falsa medium, che organizza finte sedute spiritiche, fino a che la farsa volge in dramma. Due opere che, pur non essendo forse dei capolavori in senso assoluto, reggono benissimo il palcoscenico, con quell’immediatezza e quell’efficacia che riassumono in sé da una parte la tradizione dell’intermezzo comico dell’opera italiana, dall’altra l’efficacia cinematografica della drammaturgia di stampo americano (e che ha reso, sia detto en passant, il secondo Novecento fecondissimo di opere liriche vive e vitali più al di là che al di qua dell’Oceano).

Sabrina Cortese ne Il telefono

Entrando in sala, ci si trova in una specie di festa dell’alta società, fra belle ragazze e musica di intrattenimento: nelle intenzioni della regista Serena Nardi una sorta di prologo alle due opere e di collante all’intera vicenda. Tutto bene, in teoria: se non che poi ben pooco dello spunto iniziale viene riproposto nel Telefono o nella Medium, peraltro gestite con una certa professionalità e con alcuni spunti piuttosto godibili. L’Orchestra Canova, diretta da Pagano, ha fornito una prova estremamente apprezzabile, sia per qualità sonora (compresi i rischiosi armonici dei violini) che per incisività ritmica, con una lettura sempre briosa e adeguata all’azione, evitando di frammentare — è questo il maggior rischio — le due partiture in tante schegge separate. E Pagano, pur così giovane, si mostra anche a suo agio nel sostenere e stimolare i cantanti, sia quelli di maggiore esperienza che quelli più giovani. Nel Telefono la vocalità limpida e la dizione cristallina di Sabrina Cortese spiccano sul Ben piuttosto compassato di Giacomo Nanni; nella Medium, dove i due artisti ritornano in modo efficace nei panni di Mr e Mrs Gobineau, a trascinare tutti è il carisma e la classe di Manuela Custer, una Madame Flora che conosce benissimo il confine tra intensità drammatica e esagerazione melodrammatica, esaltando la prima e schivando la seconda. Nella squisita ninna nanna che chiude il primo atto, si è apprezzata la bella vocalità di Maria Eleonora Caminada (Monica), a completare un cast scelto con molta cura. Pubblico non esattamente folto, ma molto entusiasta. Dopo il debutto varesino e la tappa milanese, si replica il 9 al Teatro Politeama di Pavia.

Nicola Cattò

Foto: Alberto Panzani

Data di pubblicazione: 6 Marzo 2023

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